Finalmente ieri sera qualcuno ha avuto il coraggio di raccontare la dura verità in merito alla tanto blasonata "transizione ecologica" con la quale i nostri politici amano riempirsi la bocca senza avere la più pallida idea, nemmeno vagamente, di ciò che dovrà comportare questa epica rivoluzione ambientale per raggiungere il vero obiettivo di salvare il nostro pianeta. Mi riferisco alle dichiarazioni di due eccellenze del giornalismo italiano, Federico Rampini e Giovanni Minoli, entrambi presenti in studio durante la trasmissione "Stasera Italia" andata in onda alle 20,30 circa su uno dei canali Mediaset e magistralmente condotta come sempre da Barbara Palombelli, ovvero l'alternativa più che dignitosa al "bestiario" serale condotto da Lilly Gruber, una trasmissione TV decisamente penosa e ormai inguardabile, ancorché indecente e palesemente faziosa...
Ebbene, durante uno dei suoi interventi Rampini ha focalizzato l'attenzione su "quanto ci costa" affrontare questa transizione, ma non soltanto in termini economici. L'atroce amarezza di questa "pillola" è già stata "assaggiata" dal Ministro Cingolani che da quando si è seduto alla sua scrivania nel suo nuovo Ministero ha preso seriamente in considerazione l'ipotesi di rivoluzionare le politiche energetiche di questo Paese, ma presto si è accorto che i conti che si era fatto proprio non gli tornavano. Uno dei motivi per cui egli aveva "accennato" recentemente a un possibile ritorno del nucleare in Italia probabilmente è proprio questo, salvo poi scusarsi e correggere il tiro (introducendo la parolina magica "fusione" prima di nucleare) dopo essere stato selvaggiamente ripreso dai "puristi" grillini che su questo tema da molti anni vanno sbandierando moralità divine e assolutamente prive di senso. Infatti la "fusione" nucleare oggi ancora NON ESISTE e molto probabilmente non se ne parlerà prima del 2035, forse, e salvo imprevisti. Ma a questo punto però è meglio che vi vediate subito questa clip che ho estratto dalla puntata di ieri, 14 settembre, di Stasera Italia.
Quello che dice Rampini è che NULLA si costruisce dal NULLA, e cioè che per produrre batterie e celle solari bisognerà necessariamente estrarre grandi quantità di alcuni minerali (terre rare come il litio e il palladio) e tutto questo ha un costo, anche e soprattutto in termini di CO2, ovvero il peggiore di tutti i gas serra, quello stesso gas serra che noi vorremmo ridurre drasticamente. In pratica: quanta CO2 bisognerà immettere nell'ambiente per riuscire ad estrarre tutti quei minerali che serviranno per produrre un quantitativo enorme di batterie e di pannelli solari? Ci avevate mai pensato? Inoltre, non potremo mai fare a meno delle centrali termoelettriche, perché sia il sole che il vento non sono sempre presenti laddove esistono gli impianti per estrarre queste energie rinnovabili e noi non abbiamo ancora studiato un valido sistema di stoccaggio dell'energia per bilanciare queste "carenze" energetiche che possono protrarsi anche per un lungo periodo. E come le fai funzionare le centrali termoelettriche senza i combustibili fossili? D'altra parte abbiamo già detto che il nucleare "pulito" ancora NON esiste!.. E allora che si fa? Torniamo alle centrali a fissione? E poi: supponiamo che domani mattina tutti noi ci trovassimo a disposizione sotto casa una bella auto elettrica nuova nuova per muoverci e viaggiare... Quanta energia elettrica ci vuole per ricaricare quotidianamente le batterie di milioni di vetture elettriche? Come fare per avere a disposizione tutta quella energia per rifornire le nostre auto nuove a zero emissioni? E quando le batterie delle nostre auto saranno esauste, e si dovranno sostituire, chi si occuperà del loro riciclo? E quanto costerà questa operazione anche dal punto di vista ecologico e/o ambientale? E questi super-cervelloni "green", mitomani perversi e ultra-prezzolati soggetti che pontificano fantastici scenari futuri, perché non ci dicono come fare per risolvere questi "piccoli" e "insignificanti" dettagliucci tecnici?!? Questo non è disfattismo, credetemi, questo significa solo essere realisti!.. e non ci vorrà solo un mese, un anno o dieci anni per porre rimedio a tutti i danni che abbiamo saputo infliggere al nostro pianeta nell'ultimo secolo, e chiunque avesse il coraggio di affermare il contrario è un emerito IMBECILLE! Non dico che bisogna lasciare le cose così come stanno, assolutamente, anzi dico che bisogna iniziare seriamente a fare qualcosa per questo nostro povero pianeta, ma se ci facciamo prendere dal panico per rincorrere troppo precipitosamente una vera e propria metamorfosi delle attuali politiche energetiche il rischio è quello di peggiorare la situazione anziché di migliorarla... tutto qui. Dichiarazioni shock come ad esempio: "...dal 2025 solo auto elettriche!", oppure: "...dal prossimo anno soltanto bus a idrogeno!"...ecco queste profonde idiozie lasciamole raccontare ad altri, se è vero che in altri Paesi oggi esistono già le condizioni per iniziare una graduale migrazione verso nuove tecnologie "green" (vedi la Svezia che ha una densità di popolazione ridicola e ha ancora 10 reattori nucleari attualmente in funzione) è altrettanto vero che qui in Italia la strada da percorrere per fare le stesse cose è decisamente molto più lunga e tortuosa. Di sicuro non ci salveranno né i monopattini elettrici né le piste ciclabili ricavate frettolosamente sopra i marciapiedi, l'era delle puttanate galattiche, astutamente concepite da sedicenti ecologisti dell'ultimo minuto ed elargite gratuitamente al Popolo italiano solo per scopi elettorali, è finita da un pezzo!
La verità è che fino ad oggi ci hanno raccontato una scandalosa MONTAGNA DI BALLE, prima o poi saremo costretti a ritornare al nucleare che conosciamo (centrali di quarta generazione, molto più efficienti e sicure di quelle ormai vetuste, ma pur sempre centrali a fissione) per evitare i contunui rincari delle bollette. Perché, volenti o nolenti, ancora oggi dipendiamo dai combustibili fossili e dall'energia elettrica che acquistiamo dall'estero a caro prezzo; essa è prodotta attualmente utilizzando quegli stessi materiali radioattivi pericolosi che noi in Italia abbiamo deciso di non avere e di non utilizzare a partire dal lontano 1987. Eppure siamo circondati di centrali nucleari, alcune di esse si trovano appena dietro ai nostri confini. Voi direte: ma ci vogliono anni per costruire delle nuove centrali nucleari che oltretutto costano pure parecchio... Eh certo che costano tanto, non è una novità, ma offrono anche migliaia di posti di lavoro in più, parliamo di manodopera qualificata, mica uno scherzo! E in ogni caso ci vorrà meno tempo a costruire nuove centrali nucleari a fissione che attendere l'avvento del "nucleare pulito", ovvero le centrali a fusione. E anche se dopo il 2035 si riuscirà ad ottenere una vera e propria "fusione" in un ambito sperimentale prima di realizzare delle vere e proprie centrali termoelettriche a fusione passeranno almeno altri dieci anni... Certo, anche noi in Italia avremo presto delle auto elettriche (cinesi) a nostra disposizione, ma esse avranno sempre dei costi di esercizio e di manutenzione proibitivi, e sarà complicato utilizzarle in Italia senza prima rivedere radicalmente tutte le politiche energetiche di questo Paese. Altro che transizione ecologica! Se continua così i Paesi che oggi ci riforniscono di energia presto ci spolperanno ben bene e ci lasceranno senza un soldo in tasca. Infatti è assolutamente inutile e controproducente "vivacchiare" all'infinito sognando angeli e uccellini danzare insieme sopra delle nuvolette rosa ascoltando i proclami e le belle parole confezionate all'occorrenza dalle varie correnti politiche che mentono spudoratamente solo per raggranellare voti e consensi... In questo caso, credetemi, è MOLTO meglio stare con i piedi ben piantati per terra piuttosto che farsi tentare dalle mere illusioni pirotecniche collezionate ad arte nei talk-show più melanconici e deprimenti come quello di Floris, che ancora ha il coraggio di ospitare personaggi tristi e altamente sgradevoli come la Fornero e che di solito lasciano il tempo che trovano su altre reti televisive, per fortuna... Evviva l'invenzione del telecomando! Intanto prepariamoci alle prossime "sorprese in bolletta", la stangata che sta arrivando in autunno sarà soltanto un piccolo "assaggio"...
Era il 13 gennaio del 2012. La Costa Concordia, la più grande nave da crociera della Marina mercantile italiana di quei tempi e appena partita da Civitavecchia per una lunga crociera nel Mediterraneo, naufragò sulla costa dell'isola del Giglio dopo aver urtato contro uno degli scogli de "Le Scole" per un errore di manovra. Furono 32 le vittime, delle quali 30 furono recuperate nei giorni successivi all'incidente.
Il Comandante Francesco Schettino per quel drammatico evento fu condannato in appello a 16 anni di reclusione per lesioni colpose, naufragio e abbandono della nave. Il relitto fu recuperato solo dopo un anno e mezzo, il 17 settembre del 2013, con un intervento di "parbuckling", ovvero di riassetto della posizione di navigazione, costato alla Costa Crociere circa 100 milioni di euro.
Le operazioni di rigalleggamento del relitto furono completate il 23 luglio del 2014, dopodiché fu trainato da tre rimorchiatori oceanici al porto di Genova (area Prà-Voltri) per iniziare lo smantellamento e la successiva demolizione. Alla rabbia per aver perduto uno dei gioielli della flotta civile italiana per uno stupido errore dell'equipaggio si è contrapposto l'orgoglio dell'ingegneria italiana che ha saputo recuperare un relitto così imponente che altrimenti sarebbe rimasto incagliato in uno dei posti più esclusivi della costiera italiana.
Di questo immane disastro vorrei ricordare la figura del Comandante Gregorio De Falco, che intimò senza troppi complimenti al Comandante Schettino di risalire a bordo per assistere i naufraghi e che fu trasferito ad altro incarico invece di prendersi un encomio, l'ex capo della Protezione Civile Franco Gabrielli, che ha saputo coordiare magistralmente tutte le operazioni di salvataggio, oltre che quelle finalizzate al recupero del relitto, e l'Ing. Nick Sloane per aver diretto magistralmente tutte le operazioni che hanno consentito di raddrizzare la nave e di rimetterla in condizione di galleggiare. Infine vorrei ricordare le 32 vittime che erano partite per godersi una bella vacanza nel Mediterraneo e che invece hanno perso la vita.
Perché buttare quello che si può riparare? Il governo svedese è intenzionato ad incentivare l’economia artigianale, mostrando come dalle buone pratiche tutti possano ottenere un guadagno tangibile. Come? Predisponendo delle agevolazioni fiscali per quanti decideranno di riparare gli oggetti rotti anziché trasformarli in rifiuti. La proposta di legge, introduce nuove misure fiscali a favore del recupero di abiti, calzature, bici ed elettrodomestici. "In questo modo siamo convinti di poter abbassare notevolmente i costi e quindi rendere economicamente più razionale la scelta di riparare la merce", ha spiegato Per Bolund, il Ministro svedese delle Finanze.
L’idea contenuta nella proposta normativa è quella di tagliare l’aliquota IVA sulle riparazioni di biciclette, vestiti e scarpe dal 25% al 12% e si introdurrebbe la possibilità di chiedere un rimborso del costo delle riparazioni di elettrodomestici quali frigoriferi, forni, lavastoviglie e lavatrici, da scaricare dall’imposta sul reddito. Per Bolund la misura ridurrebbe di oltre il 10% le spese sostenute, stimolando il mercato nazionale del recupero. Alla faccia di quelli che tentano di spaventare la gente con la parola "deflazione", gli economisti su questo sono dei veri maestri, oltre che portatori di sfiga e di guai. Se la maggior parte dei Paesi industrializzati si è inchinata alla "globalizzazione" voluta dagli industriali e dai banchieri per aumentare al massimo la loro ricchezza (a scapito di quella del popolo), in Svezia hanno capito che l'artigianato può veramente salvare il pianeta dai rifiuti. Inoltre, in questo modo si eliminano gli spechi e si creano inevitabilmente migliaia di nuovi posti di lavoro... Lavoro serio, lavoro vero... non lavoro coi voucher!
Gli incentivi sono parte degli sforzi del governo per ridurre la propria impronta di carbonio. Nonostante, complessivamente, la Svezia abbia già ridotto del 23% le proprie emissioni di CO2 (rispetto a valori del 1990), quelle legate al consumo hanno continuato a crescere. "Le emissioni dei gas serra che influenzano il clima sono in diminuzione, ma quelle da consumo sono in aumento - afferma Bolund - ma assistiamo ad un crescente interesse verso un consumo più sostenibile da parte del consumatore svedese e questo è un modo con cui il governo può renderlo più accessibile". La proposta è già stata presentata e approvata a dicembre dal Parlamento svedese come parte del disegno di legge sul bilancio di governo e diventerà legge fra pochi giorni, dal 10 gennaio 2017.
Scoperti i batteri che si nutrono di plastica: si chiamano ideonella sakaiensis 201-F6 e, grazie a due enzimi, sono in grado di scomporre il Pet (polietilene tereftalato), polimero utilizzato per rendere la plastica resistente e impiegato soprattutto nelle bottiglie. Il risultato, opera dei ricercatori coordinati da Shosuke Yoshida, del Kyoto Institute of Technology e descritto sulla rivista Science, può avere delle ottime ricadute per l'ambiente. Solo nel 2013 infatti si calcola che siano state prodotte 56 milioni di tonnellate di pet nel mondo, e il suo accumulo sta diventando un problema mondiale.
Finora però, solo poche specie di funghi, e non di batteri, sono stati identificati come capaci di degradare il Pet. In questo caso invece i ricercatori hanno raccolto 250 campioni di detriti di pet, presenti nel suolo, sedimenti e acque di scarico, cercando dei possibili batteri. Ne hanno così identificato uno nuovo, l'Ideonella sakaiensis 201-F6, che adopera il Pet come fonte principale di energia e carbonio, ed è in grado di "mangiare" completamente una pellicola sottile di pet dopo 6 settimane, ad una temperatura di 30°.
Se fatti crescere sul pet, i ceppi del batterio producono i due enzimi che lo scompongono in due monomeri più semplici e amici dell'ambiente, con una reazione immediata. L'enzima ISF6_4831 lavora infatti con l'acqua per disintegrare il Pet in sostanze “intermedie”, che vengono poi ulteriormente scomposte dall'altro enzima, ISF6_0224. A differenza degli enzimi di altri batteri, la funzione di questi due sembra essere unica. Il che, commentano i ricercatori, fa sorgere la domanda di come siano comparsi in natura e si siano sviluppati dei batteri mangia-plastica.
Forse oggi abbiamo trovato un modo per smaltire la plastica contenuta nell'indifferenziata senza dargli fuoco... Chissà se a qualcuno verrà in mente di far crescere una coltura di questi batteri nei milioni di tonnellate di eco-balle che abbiamo accantonato per cinquant'anni, questa sì che sarebbe una grande notizia!
Brescia è una città meravigliosa, non è molto grande ma forse è proprio per questo che piace tanto ai turisti che viaggiano nel nord Italia. Ma per chi ci vive quella città è diventata un incubo, perché il livello di inquinamento da rifiuti tossici è veramente preoccupante. Non molti Italiani se lo ricordano ma in quella città c'è una ditta che si chiama Caffaro che per cinquant'anni ha prodotto un olio sintetico per uso industriale chiamato PCB (policlorobifenile) su licenza della società americana Monsanto che veniva comunemente impiegato nell'industra elettrotecnica perché aveva proprietà chimico-fisiche estremamente interessanti (alta rigidità dielettrica, ottimo conduttore termico), veniva utilizzato nei vecchi trasformatori dell'Enel, nei condensatori di rifasamento delle abitazioni e dei capannoni industriali, oltre che in moltissimi condensatori ad alto voltaggio presenti nei vecchi televisori e in altri elettrodomestici. Ebbene questa sostanza nei primi anni '80 è stata vietata perché ritenuta altamente tossica e cancerogena, la molecola è simile a quella della diossina ma è molto più pericolosa al punto che è stata definita "xenobiotica", ovvero "nemica della vita". Essa si lega molto bene al DNA dei grassi organici e spesso rimane inerte per molti anni, salvo poi ad attivarsi all'improvviso causando tumori di qualsiasi tipo e in qualsiasi parte del corpo.
Ebbene la Caffaro ha ignorato il divieto di produzione per molti anni durante i quali per imprudenza e per difetto di alcune cisterne ha sversato nel terreno e nelle falde acquifere migliaia di tonnellate di questa sostanza che si trovano ancora lì nel terreno. In passato si è tentato di bonificare questi terreni contaminati ma poi ci si è resi conto che sarebbe costato uno sproposito e quindi... si è lasciato perdere. Per chi volesse saperne di più ecco un bel servizio di Presa Diretta.
Ma purtroppo non finisce qui. A Brescia si trova anche un enorme inceneritore (oggi definito "termovalorizzatore" per non destare sospetti), pare che sia il più grande d'Europa, con una capacità di smaltimento di quasi 800 mila tonnellate di rifiuti all'anno. Dall'autostrada A4 in prossimità dell'uscita di Brescia ovest si vede benissimo svettare una torre gigantesca che contiene i "comignoli" di questo inceneritore. Quasi sempre su questi comignoli si vede uscire un denso fumo bianco, la società che gestisce questo inceneritore (A2A) dice che si tratta solo di vapore acqueo. Però in passato pare che si sia visto uscire chiaramente del denso fumo nero che non ha certo rasserenato gli abitanti di Brescia. Io lì ci sono stato per ragioni di lavoro, avevo una stanza in un albergo vicino a Castel Mella (Fornaci)... Non sempre, ma qualche volta la sera c'era un forte odore chimico nell'aria che mi prendeva alla gola quando uscivo a fare due passi e il dubbio che questo forte odore venisse da quell'impianto mi è venuto più di una volta. Poi d'inverno mi è capitato di vedere sui marciapiedi una sottile coltre bianca di neve, ma a quanto pare quella non era proprio... neve. Chi lavorava da quelle parti la chiamava "neve chimica", in pratica si trattava del vapore acqueo che usciva dai comignoli dell'inceneritore che si gelava e si depositava sul terreno sotto forma di neve, ma si vedeva chiaramente che non si trattava di "neve". Anche in questo caso per approfondire l'argomento vi segnalo un video molto eloquente girato da una TV locale:
Per vari motivi a Brescia non ci sono più stato da diversi anni ormai, ma oggi ripensando a tutto quello che ho visto in quella città devo ammettere di non essere poi così dispiaciuto... Ah dimenticavo: la zona industriale di Brescia è ancora piena di eternit. Dalla ferrovia si vede chiaramente che moltissimi capannoni industriali hanno ancora il tetto in eternit, alcuni addirittura sono fatti interamente in eternit...